Tim Davie e la favola dell’Eurovision “apolitico”

L’Eurovision non è mai stato politico”.
Parola di Tim Davie, direttore generale della BBC, che davanti al Parlamento britannico ha provato — con coraggio degno di un cantante in semifinale — a convincere tutti che il concorso canoro più discusso d’Europa sia solo “una celebrazione della musica e della cultura che unisce le persone”.

Peccato che, mentre lo diceva, mezzo continente stesse minacciando il boicottaggio se Israele dovesse salire sul palco di Vienna 2026. Ma tranquilli: non è politica, è solo coincidenza coreografica.

BBC, diplomazia e decibel

Davie, che siede anche nel consiglio esecutivo dell’Unione Europea di Radiodiffusione (UER), ha assicurato che la BBC “è consapevole delle preoccupazioni” ma al momento “sostiene il lavoro dell’UER”.
Tradotto dal burocratese: “stiamo a guardare e speriamo che decida qualcun altro”.

L’UER, infatti, si prenderà fino a dicembre per capire se Israele potrà partecipare, dopo settimane di riunioni, lettere aperte e prese di posizione.
Il problema? Ogni riunione è più tesa di una finale al televoto tra Loreen e Måneskin.

L’Europa si divide

Irlanda, Paesi Bassi, Slovenia, Islanda e Spagna hanno già detto chiaramente che non saliranno sul palco se lo farà Israele.
La posizione è dura: “non si può normalizzare un Paese accusato di genocidio a Gaza”, dicono.
Nel frattempo, la Germania e (udite udite) l’Italia mantengono un profilo prudente, sottolineando che l’esclusione dovrebbe avere basi “giuridiche solide”.
Ovvero: non diteci che dobbiamo scegliere tra musica e diplomazia, grazie.

Israele, la BBC e il fantasma della Russia

C’è chi paragona la situazione a quella del 2022, quando la Russia fu espulsa dopo l’invasione dell’Ucraina. Ma allora i media russi erano diventati megafoni del Cremlino; nel caso di Israele, sostengono alcuni, la tv pubblica KAN mantiene ancora una certa indipendenza.

Insomma, una differenza sottile quanto un ritornello di tre minuti, ma sufficiente per bloccare ogni decisione.

La musica, la fame e la realtà

Mentre l’UER consulta e riconsulta, le notizie da Gaza raccontano tutt’altro: fame, bombardamenti, accuse di genocidio e negazioni a catena da parte del governo israeliano.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu continua a ripetere che “nessuno muore di fame” e che la colpa è “delle agenzie umanitarie e di Hamas”.
Una dichiarazione che, detta in un’aula parlamentare, suonerebbe come una dissonanza maggiore.

Fonte: BBC

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