Eurovision 2026: tra paillettes e polemiche, Vienna rischia il corto circuito

Doveva essere la grande festa della musica europea, e invece si sta trasformando in un thriller geopolitico.
L’Eurovision Song Contest 2026, che si terrà a Vienna, è finito nel mirino della politica internazionale.
La causa? Il conflitto a Gaza e la possibile esclusione di Israele dal concorso musicale più seguito del pianeta.

Una “situazione senza precedenti”, parola dell’UER

L’Unione Europea di Radiodiffusione (UER) ha definito la vicenda come una “situazione mai vista prima”.
Dopo l’attacco di Hamas contro Israele e la reazione militare che ha provocato migliaia di vittime civili, la tensione è salita anche sul fronte culturale.
E il più grande show televisivo d’Europa si ritrova ora a fare i conti con la guerra.

Per qualcuno, l’Eurovision non può restare “neutrale”. Per altri, è proprio in momenti come questi che la musica deve unire, non dividere.
Nel dubbio, l’UER ha convocato una riunione di emergenza a Ginevra: decisioni top secret, clima da spy story.

Israele verso l’esclusione?

Secondo indiscrezioni, il direttore generale dell’ORFRoland Weißmann, avrebbe difeso con forza la partecipazione israeliana durante la riunione.
Ma non tutti la pensano come lui: il cantante JJ, vincitore dell’edizione 2025 di Basilea, ha gettato benzina sul fuoco chiedendo l’esclusione immediata di Israele.
Apriti cielo.

“L’Eurovision non può essere un palco per la guerra”, avrebbe dichiarato JJ, scatenando una tempesta mediatica più potente di qualsiasi effetto pirotecnico.

Da un lato chi difende la libertà artistica, dall’altro chi chiede coerenza morale.
Risultato? L’atmosfera è così elettrica che serve quasi un parafulmine tra i microfoni.

Boycott-mania e votazioni segrete

Le televisioni pubbliche di Spagna, Irlanda, Olanda, Slovenia, Islanda e persino la BBC minacciano di boicottare la gara se Israele rimane in corsa.
E quando più di cinque Paesi alzano la voce, lo statuto dell’UER prevede una votazione segreta.

Insomma, il destino di Israele all’Eurovision potrebbe essere deciso dietro porte chiuse, lontano dalle luci del palco.
Un paradosso quasi poetico: il concorso più luminoso d’Europa rischia di vivere il suo momento più oscuro.

Vienna non molla: “Lo show deve continuare”

Nonostante tutto, l’Eurovision 2026 si farà.
Il palcoscenico sarà la storica Stadthalle di Vienna, dal 12 al 16 maggio.
Il motto scelto dall’ORF? “Spettacolare, ma sobrio”.
Un po’ come servire una Sachertorte senza panna: ci crede solo chi l’ha scritta.

“L’Eurovision non è un processo politico, ma una celebrazione della musica”, ha dichiarato un membro del comitato organizzatore.
Parole sagge, ma difficili da far digerire a chi vede nel concorso un simbolo di contraddizioni europee: unione nei cori, divisione nei voti.

Quando la musica incontra la politica

Dietro la tempesta, resta una domanda spinosa: la cultura può davvero restare neutrale?
C’è chi pensa che tacere sia complicità, e chi invece vede nella musica l’ultima lingua universale capace di parlare sopra i muri e le frontiere.

Il voto segreto dell’UER è previsto per novembre, e qualunque sarà l’esito, entrerà nella storia dell’Eurovision.
Perché questa volta, le note non bastano più a coprire il rumore del mondo.

Fonte: Kronen Zeitung

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