Eurovision 2026: la Spagna dice “¡Hasta luego!” — niente Vienna se Israele resta in gara

La notizia è di quelle che fanno rumore più di una nota stonata nella finale: la Spagna non parteciperà all’Eurovision Song Contest 2026 se Israele sarà ancora in lista. Lo ha deciso martedì il Consiglio di amministrazione di RTVE, su proposta del presidente José Pablo López. E non solo: se Israele resterà, la tv pubblica spagnola non trasmetterà neanche l’evento.
In pratica, Madrid dice all’UER: o cambiate spartito, o noi spegniamo la radio.
Una decisione a maggioranza (e con personalità)
Il verdetto è arrivato con dieci voti favorevoli, quattro contrari (tutti d’area popolare) e un’astensione da parte del consigliere proposto dal partito indipendentista catalano, Junts per Catalunya. Un consenso ampio che, in chiave simbolica, pesa come un 12 punti nel televoto.
Così la Spagna diventa il primo Paese del Big Five — il club che comprende anche Italia, Francia, Regno Unito e Germania — a dire “basta così”.
Il Benidorm Fest non si tocca
RTVE ha già chiarito: la scelta non cambia nulla per il Benidorm Fest, che tornerà nel 2026 con la sua quinta edizione. “Un festival con identità propria, ormai consolidato” – recita il comunicato – e che continuerà a rappresentare il trampolino per la musica spagnola. In altre parole, anche se la nave Eurovision affonda, Benidorm resta a galla.
La parola (ultima) all’UER
Ora la palla passa all’Unione Europea di Radiodiffusione, che si riunirà a dicembre per decidere se escludere o meno Israele.
Dal quartier generale di Ginevra filtra prudenza: “Le circostanze attuali superano il nostro mandato di garantire la neutralità politica”, scrive l’UER in un comunicato. Tradotto dal burocratese: la faccenda è calda e non sappiamo ancora che pesci pigliare.
Israele: “L’arte non è politica”
Il direttore di KAN, la radiotelevisione pubblica israeliana, Golan Yochpaz, ha già risposto piccato: “Non c’è motivo per cui Israele non debba continuare a essere parte di questo evento culturale. L’Eurovision non può diventare politico.”
Peccato che la politica, a giudicare dalle ultime edizioni, sembri già aver preso posto in prima fila.
A Basilea 2025, Israele sfiorò la vittoria
L’edizione scorsa, a Basilea, Israele si era piazzato secondo con la canzone New Day Will Rise di Yuval Raphael, sopravvissuto agli attentati di Hamas.
Il televoto gli aveva regalato 297 punti, la cifra più alta della serata: tredici Paesi gli diedero il massimo, compresa la Spagna.
Solo dopo si è scoperto che il governo israeliano aveva finanziato campagne di voto istituzionale, una mossa che ha fatto storcere più di un sopracciglio in casa UER.
RTVE: “Il silenzio non è un’opzione”
Già nel maggio scorso, RTVE aveva scritto all’UER chiedendo un dibattito formale sulla presenza di Israele. E prima della diretta della finale, sullo schermo apparve un messaggio inequivocabile:
“Di fronte ai diritti umani, il silenzio non è un’opzione. Pace e giustizia per la Palestina.”
Un gesto raro per una televisione pubblica, e che oggi trova il suo seguito naturale: niente Israele, o niente Spagna.
Per la prima volta nella storia, uno dei Paesi più fedeli al concorso — insieme a Regno Unito e Svezia — minaccia di mancare all’appello.
La posta in gioco
Se l’UER confermerà Israele, RTVE dovrà ufficializzare l’addio. Se invece lo escluderà, Vienna potrà respirare.
Ma la crepa ormai è aperta: l’Eurovision, nato come ponte culturale, rischia di diventare un campo minato.
Fonte: RTVE