PORTOGALLO, CONTRO TUTTO E TUTTI: “RESTIAMO ALL’EUROVISION 2026.”

Israele confermato. Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia fuori.
Lisbona invece rimane.
Nella burrascosa Assemblea Generale dell’UER a Ginevra, non si è votato sulla presenza di Israele all’Eurovision 2026.
La maggioranza delle emittenti ha ritenuto “sufficienti” le nuove regole di voto e promozione.
Tradotto: nessuna scelta morale, si va in scena a Vienna senza dibattito.
Subito dopo, la RTP ha confermato ufficialmente la sua partecipazione:
«Sulla base della decisione dell’UER, detentrice del Festival, la RTP parteciperà all’Eurovision Song Contest 2026.»
Secco, chirurgico.
Come se il contesto geopolitico non fosse un incendio mondiale.
L’EUROPA SI SPACCA, IL PORTOGALLO NO
- Spagna, Paesi Bassi, Irlanda, Slovenia: boicottaggio dichiarato.
- Portogallo: partecipazione confermata.
- Avrotros (NL) trasmetterà il concorso senza concorrente.
Eurovision versione fantasma.
Intanto dentro alla RTP cresce la fronda:
dipendenti e redattori contestano la decisione, definendola «incompatibile con il momento umanitario e politico».
Ma Lisbona insiste:
restare significa informare, documentare, vigilare.
LE NUOVE REGOLE NON BASTANO AD ACCORDARE L’ORCHESTRA
La decisione dell’UER:
- limiti drastici alla promozione statale
- riduzione del televoto massimo (da 20 a 10)
- task force anti-frode permanente
- sistema di controllo rafforzato
Israele resta, ma sotto osservazione tecnica permanente.
Il presidente israeliano Isaac Herzog applaude l’esito,
mentre l’Europa culturale si divide come mai prima.
LA CULTURA NON È PIÙ INNOCENTE
La RTP difende la scelta come dovere di copertura pubblica.
Gli oppositori interni ricordano che il servizio pubblico è anche responsabilità morale.
Eurovision 2026: 12, 14, 16 maggio, Vienna.
Luci, palco, glitter… e geopolitica allo scoperto.